Restate nella casa, saziatevi lì.
Insegnamento 2025/14 del 5 ottobre 2025 “Restate in quella casa” Luca 10,1-7
Cari amici,
ho chiesto ad alcuni di voi (per l’ennesima volta, è tanto che faccio questa domanda) cosa direbbero se dovessero presentare le cellule a tutta la comunità parrocchiale. Mi hanno parlato di evangelizzazione e giustamente! Però quella è una missione che condividiamo con tutta la comunità, ho insistito nel chiedere cosa c’è di particolare, di caratteristico nelle cellule. E mi hanno detto: il fatto che ci riuniamo nelle case.
E questo è vero il fatto di riunirsi nelle case è una scelta fatta apposta, che sta alla base dell’esperienza delle cellule. Il primo motivo di questa scelta è proprio l’ambiente, casalingo, familiare, dove si riunisce un piccolo gruppo, questo permette a tutti di parlare e di ascoltarsi, permetti di aprirci alla confidenza su ciò che ci sta a cuore, che siano gioie o attese. C’è spazio per la condivisione l’approfondimento e la conoscenza reciproca. I momenti di incontro di tutta la comunità non sempre offrono questa possibilità, proprio per il fatto di essere in tanti. Un piccolo gruppo che si ritrova nelle case offre la possibilità unica di socialità e di solidarietà.
Un secondo motivo di questa scelta è che il piccolo gruppo riunito in casa, è la situazione migliore per condividere il vivere alla luce della parola di Dio, della preghiera, dell’amicizia.
Le due cose si sostengono a vicenda un’amicizia genuina dove ci sia solidarietà e affetto, e interesse per la vita dell’altro, ci aiuta a interrogarci sul Vangelo, su come vivere l’amore di Dio. E al tempo stesso ascoltare assieme la parola di Dio, pregare assieme, ci insegna come essere veri amici gli uni degli altri.
La cellula così diventa il luogo migliore dove chiunque può entrare, anche chi è lontano da Dio, dalla chiesa, perché in un clima di genuina solidarietà è più facile aprirsi a Gesù e trovare il coraggio di fare i passi necessari per andargli incontro, la testimonianza degli altri, il sostegno e la comprensione nei momenti di difficoltà della fede, le ferite ricevute da persone importanti per noi, a volte anche da persone che si dicevano credenti, assieme agli altri diventano più semplici da sciogliere.
Il senso di solitudine che dà l’essere lontani da Dio, viene addolcito in un clima dove la preghiera è comune, la ricerca di Dio è comune, l’intenzione di seguirlo nell’amore verso fratelli è comune.
Mi ha sempre colpito questo brano del Vangelo che vi ho fatto leggere, (Lc 10,1-7) dove Gesù dice a coloro che manda in missione “non passate di case in casa, ma restate nella casa che vi ha accolto, mangiando e bevendo di quello che hanno”. È un’immagine bellissima di un clima familiare, intimo, di condivisione. È facile immaginare una cena che pian piano diventa un luogo di confronto e confidenza, nella quale proprio come missionari, parliamo di Gesù e condividiamo con gli altri le gioie e le attese che viviamo.
A volte seguire il signore richiede passi impegnativi, delle rinunce, fare verità e giustizia della nostra vita, in alcune situazioni, in alcune relazioni; non essere soli, ascoltare le testimonianze degli altri, vedere settimana dopo settimana come gli altri affrontano loro sfide impegnative e un grande sostegno, direi di più è un grande incentivo, non siamo soli a vivere la parte impegnativa della fede, condividiamo sia fatica che gioie e momenti di grazia che Dio ci dona.

