Frutto del lavoro o dono?

Insegnamento 2025/3 del 26 gennaio 2025 “Pregate così” Mt 6,9-13

Cari amici,

il primo passo dell’evangelizzazione è la preghiera, questo punto è molto importante e ci serve approfondirlo e chiarirlo, ve lo dico perché ho sentito una spiegazione, nell’ambito delle cellule, che mi ha lasciato perplesso. Ho sentito dire: “la preghiera sicuramente ha un effetto sulle persone per le quali preghiamo”. Detto in questo modo non mi convince, sembra quasi che sia come una cosa magica: noi chiediamo a Dio che agisca su altre persone e lui lo fa. Io non credo che Dio, che ama tutti gli uomini, per poter agire nella vita delle persone con amore, aspetti che noi glielo chiediamo.

Allora come la nostra preghiera, favorisce, diciamo così, l’azione di Dio nella vita degli altri? Devo dire che ho fatto un po’ fatica a trovare questa risposta, l’ho trovata meditando la preghiera del “Padre nostro”, dove ci sono diverse richieste, andiamo dal “venga il tuo regno”, fino al “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Gesù dice a noi discepoli di chiedere a Dio il pane quotidiano, ma Dio padre che ama i suoi figli, non ce lo darebbe se noi non lo chiedessimo? Allora a che serve chiederglielo?

Ho pensato alle mie richieste e così ho pensato a quando desidero qualcosa o ne ho bisogno, e mi sono accorto di questa cosa: quando ottengo qualcosa lavorando e impegnandomi, ciò che ho ottenuto ha un certo tipo di valore per me; prevale una certa soddisfazione, un essere fiero per ciò che ho fatto, è un sentimento bello e benefico per me. 

Invece, quando mi accorgo che non riesco a raggiungere qualcosa, che in effetti è aldilà delle mie possibilità, e lo chiedo nella preghiera e poi lo ottengo, lo stato d’animo che ho è molto diverso, è caratterizzato dalla gioia di aver ricevuto un regalo e soprattutto dalla gratitudine. Questa gratitudine è un sentimento così potente e profondo in me. 

Sperimentare situazioni che sono al di là delle mie possibilità non mi piace, vedo dei miei limiti e a volte li vedono anche gli altri e me lo fanno notare, mi sfugge qualcosa o faccio un errore e vengo ripreso; spesso rimango contrariato, triste, scoraggiato. Il sentimento di gratitudine verso Dio in questi momenti mi rafforza; se il guaio che ho fatto è rimediabile, rimedio; e se non lo è almeno ammetto il mio errore e la mia mancanza, chiedo scusa; la sensazione di fallimento non mi schiaccia e mi viene di affidare tutto a Dio, proprio perché ho sperimentato si essere io fallibile.

E’ un argomento delicato, dire che siamo umani e possiamo sbagliare potrebbe diventare una scusa, ci sono cose di cui siamo responsabili, io vi sto parlando di un esame di coscienza fatto bene, dove vedi che avendo provato con tutto te stesso a fare qualcosa non sei riuscito. E da solo di fronte a Dio, senza bugie e finzioni, gli chiedi di rispondere alla tua povertà. Questa esperienza di preghiera fa nascere questo sentimento di cui vi parlo, che io reputo una delle testimonianze più interessanti che ci siano. Incontrare una persona che riconosce i propri errori e mancanze con dispiacere e dolore, che chiede scusa, ma senza esserne schiacciato pronto a rimettersi in gioco, è bellissimo.

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